Pseudonimo di
Mohammed Abdel Rahman Abdel Raouf Arafat Al Qudwa al Husseini.
Uomo politico e capo militare palestinese. Trascorsa l'infanzia tra la nativa Il
Cairo e Gerusalemme, si distinse presto tra i militanti del nazionalismo palestinese
e, appena diciassettenne, si impegnò a contrabbandare armi dall'Egitto verso la
Palestina. In seguito alla vittoria israeliana nella guerra del 1948,
A. fu
costretto a lasciare la sua terra (si trasferì prima a Gaza, poi in Egitto) e nel
1956 partecipò alla campagna di Suez nelle fila dell'esercito egiziano. Laureatosi
in Ingegneria civile a Il Cairo (1956), durante gli anni dell'università fu a capo
delle maggiori organizzazioni studentesche di lotta contro Israele, diventando presidente
dell'Unione degli studenti palestinesi dal 1952 al 1956. Nel 1959 fu tra i fondatori
del movimento nazionalista al-Fatah (V. FATAH, AL), la più importante formazione
palestinese di resistenza, e del suo braccio armato al-Asifa, la cui prima azione
terroristica contro Israele risale al 1965. Passato alla clandestinità, riapparve
sulla scena con il nome di Abu Ammar (il padre di Ammar) dopo la guerra dei Sei
Giorni (1967). Trasferitosi nei campi profughi palestinesi in Giordania nel 1968,
subì un attacco israeliano nel suo quartier generale nel villaggio di Karameh (marzo
1968). Strenuo oppositore a ogni regolamento politico del conflitto arabo-israeliano,
guadagnò le simpatie degli altri movimenti palestinesi e nel 1969 fu eletto presidente
del Comitato esecutivo dell'OLP, l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina
fondata dallo stesso
A. in quel medesimo anno. Nel 1970, durante il cosiddetto
"settembre nero", fu costretto da re Hussein ad abbandonare la Giordania, insieme agli
altri membri dell'OLP, e stabilì il suo quartier generale in Libano. La consacrazione
come capo indiscusso della lotta palestinese giunse nell'ottobre 1974 quando, durante
il vertice dei Paesi arabi riuniti a Rabat, in Marocco, l'OLP fu riconosciuto come
"l'unico legittimo rappresentante del popolo palestinese" e
A. simbolo di quel
popolo. Forte di questa posizione, nello stesso anno egli intervenne per la prima volta
a un'assemblea dell'ONU, portando la causa palestinese all'attenzione internazionale.
Assunto un atteggiamento più moderato, negli anni Ottanta ottenne un maggior supporto
da parte dei Paesi occidentali, dovuto anche alla discutibile politica che Israele
portò avanti nel 1982 (invasione del Libano e massacro di Sabra e Chatila). Il 15
novembre 1988
A. proclamò la nascita dello Stato di Palestina e il 14 dicembre
dello stesso anno, alla Conferenza di Ginevra, riconobbe il diritto di Israele a esistere
e rinunciò ufficialmente al terrorismo, facendo compiere importanti passi avanti al
processo di pace israelo-palestinese. Eletto presidente della Palestina nel 1989,
strinse per la prima volta negoziati diretti con Israele nel 1991, alla Conferenza di
Madrid. In seguito all'aperto sostegno dato a Saddam Hussein durante la guerra del
Golfo (1991), perse parte del credito conquistato presso i Governi occidentali negli
anni precedenti, nonché gli importanti aiuti economici dei ricchi Stati petroliferi
del Golfo. Nell'agosto 1993
A. condusse negoziati segreti a Oslo con Israele,
che sfociarono nello storico Accordo di Washington (13 settembre 1993) con il ministro
degli Esteri israeliano Shimon Peres e con il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin.
Esso stabilì il reciproco riconoscimento delle due entità politiche: Israele e i
Territori Occupati, comprendenti la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Per lo sforzo
profuso per raggiungere questo accordo,
A. fu insignito, unitamente agli altri
due leader politici, del premio Nobel per la Pace (1994). Eletto a larga maggioranza
presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) nel 1996, si impegnò, con fasi
alterne, a proseguire il processo di pace: nell'ottobre 1998 siglò, insieme al primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu, l'Accordo di Wye Plantation, e nel settembre
1999, insieme al nuovo primo ministro israeliano Ehud Barak, l'Accordo di Sharm el-Sheikh.
Ma lo scoppio della seconda Intifada (settembre 2000) e l'elezione di Ariel Sharon a
premier israeliano (febbraio 2001) resero ancora più esplosiva la situazione. La
leadership di
A. fu apertamente messa in discussione da Israele e Stati Uniti,
che accusarono il capo dell'OLP di incoraggiare il terrorismo. Nello stesso tempo
A. dovette fare fronte alle critiche feroci che gli venivano mosse dalle frange
palestinesi più radicali, che lo consideravano troppo morbido con lo Stato ebraico e
denunciavano la corruzione della sua gestione politica, chiedendo una riforma dell'ANP.
Dal 3 dicembre 2001 il leader palestinese fu confinato dal Governo israeliano nel suo
quartier generale di Ramallah. Sotto la pressione degli Stati Uniti, tra gli ideatori
della "road map" (V.) per la pace in Medio Oriente,
A. nominò premier palestinese
prima Abu Mazen (marzo 2003), quindi Abu Ala (settembre 2003). Gravemente ammalato,
alla fine di ottobre 2004
A. lasciò la sua casa-prigione di Ramallah alla volta di
Parigi, dove fu ricoverato in ospedale. Nei giorni che seguirono il suo ricovero, si
susseguirono voci e smentite sulla sua morte, che venne annunciata ufficialmente l'11
novembre. Personaggio estremamente discusso, considerato il principale fomentatore del
terrorismo palestinese, è sicuramente stato il simbolo della Palestina, l'uomo che ha
incarnato per 40 anni la lotta dei Palestinesi per i diritti della propria Nazione
(Il Cairo 1929 - Parigi 2004).